Andrea Dal Mina e la sostenibilità nei concerti

Concerti e festival sono stati i protagonisti dei mesi passati, ma non manca un occhio di riguardo per il tema importante della sostenibilità negli eventi dal vivo. Con la prima vera estate di apertura, dopo il periodo di restrizioni dovuto alla crisi pandemica, i live sono tornati ad essere dei grandi poli di attrazione per gli appassionati di musica. I teatri e le arene si riempiono di nuovo, come anche i parchi e le grandi zone verdi, luoghi perfetti dove godersi della buona musica in compagnia e intrattenersi durante il caldo afoso di questi mesi passati. Divertimento e spensieratezza da un lato, ma dall’altro anche consapevolezza e cognizione delle conseguenze che un evento di questo tipo, in particolar modo se di grande portata, può avere sull’ambiente.

La crisi climatica è ormai un argomento all’ordine del giorno. Le sue conseguenze sono sempre più visibili e concrete agli occhi di tutti. È chiara l’urgenza di interventi volti a diminuire il più possibile l’impatto e l’impronta che l’essere umano lascia sul pianeta. I grandi nomi della musica internazionale non si sono tirati indietro, anzi, al contrario, hanno mostrato il loro interesse alla realizzazione di eventi con il più basso impatto ambientale possibile. Tra questi emergono sicuramente i Coldplay, che hanno deciso di fermare i concerti non ad impatto zero. Il gruppo musicale britannico, infatti, è tra gli artisti mainstream in prima linea per la sostenibilità ambientale. Impiegano, ad esempio, pannelli solari per generare energia, materiali riutilizzabili per la costruzione del palco e piantano un albero per ogni biglietto venduto.

Cosa si intende quando si parla di sostenibilità negli eventi dal vivo?

Si intende non solo limitare bicchieri e plastica monouso, ma anche mobilitare il numero più basso possibile di automezzi adatti allo spostamento dell’attrezzatura, degli artisti e del team. Significa scegliere il veicolo più sostenibile per la tratta da percorrere, limitare il costo energetico degli impianti di illuminazione e gestire correttamente i rifiuti prodotti.

Sono davvero molti gli ambiti in cui concretamente si può intervenire per creare un evento a basso impatto ambientale, e, di conseguenza, sono molte anche le problematiche legate a volerne realizzare uno. Non mancano, inoltre, i (giusti) motivi di polemica che non solo gli ambientalisti sollevano, una volta che questi eventi sono terminati. Basti guardare alle recenti bufere intorno ai live sulle spiagge, accusati di danneggiare l’ecosistema e la vegetazione. Non dimentichiamo, poi, l’enorme quantità di bottiglie di plastica che, puntualmente, ad ogni concerto viene lasciata fuori dai cancelli per ragioni di sicurezza.

Musica e sostenibilità possono realmente collaborare?

Lo abbiamo chiesto ad Andrea Dal Mina, fondatore di AMA Music Festival, un ritrovo estivo di musica che dal 2015 accoglie artisti italiani e internazionali. Tra questi, negli anni passati, abbiamo visto i Foals, i Baustelle, Edoardo Bennato, Ermal Meta e Gazzelle, mentre in questa edizione si sono esibiti nomi importanti come Fabri Fibra, Marracash, i FASK e i Litfiba. Si tratta, infatti, di un festival di grande portata, che nell’edizione del 2022 ha contato quasi 30 000 biglietti venduti e prevede un pubblico sempre più in crescita. Dal Mina ci ha spiegato perché questo festival riesce ad essere non solo un momento di svago e divertimento, ma anche un luogo di aggregazione, legato all’ecologia e al rispetto dell’ambiente, che si attua, innanzitutto, con il corretto smaltimento dei rifiuti.

Voi sul vostro sito scrivete “AMA is green”. Il vostro è, quindi, un impegno effettivo per un festival sostenibile?

Ci siamo impegnati su più fronti, a cominciare dalla gestione dei rifiuti. All’inizio avevamo provato a gestirla in autonomia, ma anche con una squadra di 20 persone diventava davvero una cosa inutile. La carta o il ketchup, per esempio, vengono buttati nel cestino della plastica, in particolare di notte. Se gestisci un evento dividendo i rifiuti, infatti, non te li fanno pagare, ma alla fine li abbiamo pagati lo stesso. A quel punto abbiamo deciso di assumere per la divisione una società terza certificata. Adesso siamo sicuri che tutti i rifiuti vengono divisi.

Le difficoltà di creazione di un evento green sono evidenti, ma è quindi effettivamente fattibile? Ci sono degli aiuti che vengono dati, delle indicazioni, o bisogna fare tutto da sé?

Ti devi arrangiare. Non puoi andare da Contarina o da ETRA e ricevere indicazioni. Bisogna prima dividere i rifiuti e te li fanno anche pagare. A questo punto, quindi, conviene pagare una società terza, così da essere certi che venga tutto diviso correttamente, spendendo, tra l’altro, molto meno. Bisogna partire, in ogni caso, dalla delimitazione del rifiuto, ovvero utilizzando la plastica compostabile o la carta, cioè materiali riciclabili.

Il pubblico ha avuto una risposta positiva?

Si, le persone apprezzano molto. Il festival, inoltre, fino a quest’anno è sempre stato legato a Sea Shepherd, la Onlus che difende i mari. Noi, infatti, diamo in beneficenza parte dei proventi. Non è stato tanto quest’anno, ma fino agli anni scorsi abbiamo lavorato assieme per sensibilizzare.

La nuova risonanza della crisi ambientale ha modificato l’importanza della sostenibilità negli eventi live?

Alla fine hai un riscontro perché cresci o perché fai notizia. Se io organizzo, ma sono un gruppo piccolo e dico che sono ecosostenibile, paradossalmente, anche se chiamo Fabri Fibra, ho molta meno notorietà di altri ed è un peccato. Il nostro obiettivo è di continuare come stiamo facendo. Ci diciamo: <<Okay, alziamo il livello, portiamo gente, ma non perdiamo la nostra anima, che è sensibilizzare il prossimo>> . Siamo, infatti, molto sensibili all’ambiente, verso chi sta peggio. Ci piace dare una mano. Anche per le prossime edizioni l’idea è di portare dei convegni sul tema o, comunque, di allargare la platea. Occorre dire alle persone che non c’è solo il festival serale, occorre invitarle a non stare solo un giorno per vedere unicamente l’artista, ma a stare più giorni e vivere il territorio. Io immagino un festival dove ci sarà anche l’ospite che parlerà di ecosostenibilità. Per riuscire a farlo, però, bisogna prima portare lì la gente.