I robot che ripuliscono mare e spiaggia da alghe e plastica

Ora che siamo in piena estate, dopo giornate all’insegna del caldo e del mare, una scena si imbatte su di noi come tutti gli anni: sul bagnasciuga ritroviamo un ammontare enorme di alghe e plastica.

Come noto, le alghe possono anche apportare vari problemi all’ambiente e questo aspetto si è verificato ad inizio luglio sulla costa di Bari. Nella località «Il Trullo» è stata infatti rilevata un alta concentrazione di Ostreopsis ovata, un’alga tossica che potrebbe potenzialmente mettere in pericolo i bagnanti.
L’alga in questione, anche se microscopica, in grandi quantità può rendere l’acqua di colore rossastro e può provocare irritazione e sintomi come febbre e tosse anche solamente tramite inalazione.

Oltre al problema crescente delle alghe, la presenza della plastica e dei rifiuti in mare costituisce tutt’oggi un pericolo per la vita umana e acquatica.  La questione è talmente dirompente che secondo una proiezione della società di consulenze SYSTEMIQ, la quantità di plastica presente negli oceani potrebbe addirittura arrivare ad essere quattro volte quella attuale.
Anche le Nazioni Unite hanno manifestato una preoccupazione disarmante a riguardo, sostenendo che vi è bisogno di un «cambiamento totale nell’economia che governa la produzione e l’uso della plastica» e arrivando a incentivare quella che sembra attualmente l’unica risorsa vincente: l’economia circolare e l’industria rinnovabile.

Infatti, è noto che se il sistema economico e produttivo fosse incentivato a mettere in atto una importante svolta nel modo in cui vengono prodotti, distribuiti e riutilizzati i beni di consumo, allora potrebbe essere plausibile che si verifichi una riduzione di rifiuti pari al 82% entro il 2040.
Questo ovviamente potrebbe essere possibile qualora si cambiasse il design dei prodotti e venissero creati nuovi prodotti, dato che come è noto, la pulizia dei mari risulta essere complessa e costosa.

La soluzione potrebbe essere incentivata da una migliore collaborazione tra le nazioni, dato che secondo il Professore dell’Università di Portsmouth Steve Fletcher, «è tempo di fermare i cambiamenti isolati, con paesi che fanno cose casuali che a prima vista sono buone ma in realtà non fanno alcuna differenza».

L’aiuto potrebbe arrivare, come sempre, dalla tecnologia.
Una soluzione può essere fornita dall’utilizzo delle navi di The Ocean Cleanup, delle imbarcazioni partorite da una società olandese che sono state progettate con il fine di rimuovere la spazzatura dall’isola di plastica presente attualmente nel Pacifico. L’azienda ha sviluppato un battello che opera grazie all’energia solare che è in grado di radunare e catturare tramite delle barriere galleggianti ben  50 mila chilogrammi di rifiuti al giorno.

Un’altra via invece contempla l’utilizzo di veri e propri droni, chiamati Watershark poiché ispirati alla struttura dello squalo balena. Questi «robot spazzini» viaggiano autonomamente prelevando la plastica in mare fino al riempimento effettivo del loro cestino interno, per poi fare ritorno, una volta saturi, alla loro «nave base».

Una soluzione è stata anche proposta dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha sviluppato un «robot granchio» chiamato Silver 2, il quale, muovendosi come un cetaceo, ispeziona i fondali riuscendo a raccogliere i rifiuti che ha individuato.

E per quanto riguarda le spiagge?
La tecnologia ha pensato di fornire delle idee per contribuire a ripulire l’amata spiaggia dove i bagnanti camminano di anno in anno.
La soluzione del futuro si chiama Beach Bot ed è un robot di Project BBche spostandosi autonomamente individua e raccoglie tutti quei rifiuti piccoli, come le sigarette ad esempio, che vengono gettati sulle nostre spiagge e si insinuano nella sabbia.

Tuttavia, anche se la scienza e la tecnologia si stanno adoperando per eliminare i rifiuti ormai immessi nell’ambiente, è importante non produrre plastica per non compromettere ulteriormente l’ambiente e rischiare di portarlo ad un ponto di non ritorno. Questo concetto è importante, perché altrimenti vi saranno sempre più problemi per l’uomo e l’ambiente marino e si potrebbe rischiare di giungere ad un giorno nel quale nemmeno i robot potranno salvarci.