Il potere dei mass media e la spirale del silenzio

Nell’articolo precedente feci un brevissimo cenno alla spirale del silenzio. Nei passi che seguiranno la tratteremo più nel dettaglio, inquadrando meglio il potere dei mass media e l’effetto da loro generato, specie a lungo termine, sull’audience.

Il potere dei mass media

Il potere dei mass media, ribattezzato «quarto potere», richiamando il celebre film di Orson Welles, esterno alla tripartizione dello Stato di diritto (legislativo, esecutivo, giudiziario) risiede nella loro capacità, in quanto emittenti, di produrre e distribuire conoscenza ad ampi strati della popolazione. L’audience dei mass media è, appunto, una massa: un insieme indifferenziato di destinatari accomunati dai medesimi oggetti d’interesse.

Riferendosi agli effetti dei media a lungo termine, l’attenzione è posta sulla rappresentazione della realtà sociale attraverso l’orientamento delle opinioni sui nodi cruciali del dibattito pubblico. Così facendo si può influenzare il processo democratico nelle trasformazioni delle opinioni minoritarie in maggioritarie e viceversa.

il potere dei mass media
Charles Foster Kane, “Quarto potere”, Orson Welles, 1941 (Fonte)

Il «quarto potere» dovrebbe essere il garante del corretto funzionamento del sistema democratico, in totale indipendenza rispetto ai poteri precedentemente nominati. Tuttavia, partendo dal presupposto che la proprietà dei mass media non sia, se non solo formalmente, un’opportunità alla portata di tutta la cittadinanza, ne consegue che esso divenga, più realisticamente, in assenza dei grandi partiti di massa della Prima Repubblica, uno strumento di potere nelle mani di chi possieda abbastanza capitale da investire nella diffusione della propria visione di società. Riprendendo Manuel Castells:

«Il potere è più che comunicazione e la comunicazione eccede il potere. Ma il potere si fonda sul controllo della comunicazione, come il contropotere dipende dall’infrangere questo controllo».

Manuel Castells, Comunicazione e potere

La comunicazione è, conseguentemente, un campo di gioco dove più visioni olistiche della società diffondono i propri messaggi con l’obiettivo di conseguire l’egemonia culturale.

La spirale del silenzio

Per inquadrare meglio il potere dei mass media sulla formazione dell’opinione pubblica, entriamo dettagliatamente nella trattazione della teoria. Secondo la sua teorizzatrice, Elisabeth Noelle-Neumann, la spirale del silenzio è definibile come:

«[…] la reazione all’approvazione e disapprovazione pubblicamente visibile in situazioni di mutamento delle costellazioni di valori».

Elisabeth Noelle-Neumann, La spirale del silenzio

Partendo da ciò, si ritiene che l’esposizione prolungata ai mass media generi, nell’opinione pubblica, un processo di convergenza nella lettura delle questioni sociali più rilevanti in un dato momento.

Tale teoria poggia, tra gli altri, su due presupposti fondamentali:

  • Gli individui hanno paura dell’isolamento sociale;
  • Gli individui, monitorando il clima d’opinione, sviluppano la capacità di percepirne la direzione, per poi esprimersi a partire da questa percezione.

La paura dell’isolamento sociale preme da movente inconscio: più la propria analisi si percepirà come minoritaria nell’opinione pubblica, più gli individui si asterranno dal dibattito pubblico su un determinato oggetto di discussione.

Il meccanismo che aziona la spirale del silenzio è percettivo: affinché emerga un’opinione dominante nel corpo sociale non è necessario che lo sia realmente; è sufficiente che sia semplicemente percepita come dominante. Ciò determina, in chi non intenda rischiare la marginalizzazione sociale, un silenzio dissenziente che alimenta la forza dell’opinione presumibilmente dominante.

Nel meccanismo, un ruolo chiave nella creazione della percezione è giocato dai mass media. Come spiegò la stessa Noelle-Neumann richiamando la teoria dell’agenda setting, i mass media portano un tema «al tavolo delle trattative», costruendo il clima d’opinione e la pressione ambientale necessaria. Argomentando rinforzano, indeboliscono o aggiungono delle tesi all’interno del dibattito in corso, generando degli effetti a cascata sui destinatari dei messaggi:

«Se qualcuno non trova per il proprio punto di vista articolazioni sufficientemente correnti […], frequenti, allora ricade nel silenzio, è muto».

Elisabeth Noelle-Neumann, La spirale del silenzio

La spirale del silenzio durante la pandemia

La spirale del silenzio si ripresenta, puntualmente, ogni qualvolta i risultati delle elezioni smentiscono senza mezzi termini i sondaggi pregressi: questo fu anche l’oggetto di studio della teoria. Nell’articolo del blog dedicato all’inquietante premessa, la spirale del silenzio mostra tutta la sua forza prorompente. Come argomentai, per l’ospite di turno l’introduzione a un dialogo disteso passava necessariamente dal rituale d’appartenenza alla maggioranza sul versante ideologico-sanitario. Superato questo scoglio, disinnescata l’etichettatura da dissenziente, poteva aprirsi una qualche opportunità di critica sulle scelte politiche effettuate. Ecco cosa significa rinforzare o indebolire tesi all’interno di un dibattito. Ecco cosa significa esser spinti ad auto silenziarsi.

La spirale del silenzio nella guerra tra Russia e Ucraina

E che dire della guerra tra Russia e Ucraina? Qui la spirale del silenzio emerge da un bipolarismo ideologico che espelle la scala di grigi. I mass media diffondono implicitamente questo messaggio:«Allora, lettori: filo-occidentali o filo-russi?». Dalle suddette argomentazioni, parte dell’opinione pubblica si auto silenzia. Lo fa, per esempio, chi ha preso atto della vendita di armi, da parte della pacifica (?) UE, a entrambe le parti in causa: dal 1998 al 2020, ne sono state consegnate per 344 milioni all’Ucraina e per 744 milioni alla Russia. Considerando questo dato fattuale, che aggira la ratio della legge italiana 185/90 nonché l’articolo 11 della Costituzione, la narrazione massmediatica utilizza il pacifismo mentre cavalca fatti e dichiarazioni politiche, specie europee, che soffiano sul conflitto, alimentandolo. Dalla comunicazione frenetica dell’UE emerge l’urgenza di avvalorarsi come soggetto geopolitico, mentre la sua retorica pacifista può azzerarsi con una citazione:

«Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono».

Altiero Spinelli, Diario Europeo

Prossimamente, tratteremo una seconda gamba degli effetti dei media sulla costruzione della realtà che ci circonda: l’agenda setting. Il suo settaggio determina la rappresentazione della realtà sociale offerta dai mass media all’audience: il suo effetto aumenta progressivamente all’allontanarsi del destinatario dal fatto descritto.

Foto di copertina: Kristina Flour on Unsplash