Kiev: 78 anni fa l’uccisione di 33771 ebrei

Esattamente settantotto anni fa, oggi, nelle terre di Kiev, si verificò uno dei più grandi genocidi a livello mondiale. Tra il 29 e il 30 settembre 1941 furono uccisi 33771 ebrei. Il motivo? Erano ebrei.
Le squadre tedesche, dopo aver sfondato la difesa sovietica, entrarono a Kiev il 19 settembre prendendo la città e portando i partigiani sovietici a nascondersi all’interno degli edifici. Ed è proprio da queste posizioni che, solo 5 giorni dopo, il 24 settembre, vennero fatte esplodere delle bombe che portarono alla morte di alcune centinaia di tedeschi. La stessa sera si riunirono gli ufficiali tedeschi per decidere quali potessero essere le risposte «più opportune» all’attacco subito e, sull’onda dell’antisemitismo diffuso dall’ideologia di Hitler, si optò per lo sterminio degli ebrei.

La mattina del 28 settembre vennero affissi cartelli per le strade con scritto: «Tutti gli ebrei che vivono a Kiev e nei dintorni sono convocati alle ore 8:00 di lunedì 29 settembre all’angolo fra le vie Melnikovskij e Duchtrov. Dovranno portare i propri documenti, danaro, valori, vestiti pesanti, biancheria. Tutti gli ebrei non ottemperanti a queste istruzioni e quelli trovati altrove saranno fucilati. Qualsiasi civile che entri negli appartamenti sgomberati sarà fucilato». Si decise così di riunire tutti gli ebrei di Kiev e dei rintorni vicino al cimitero, e tutti i loro averi, compresi i vestiti che indossavano, furono confiscati.
Un testimone raccontò: «Non c’era modo di schivare o sfuggire ai colpi brutali e cruenti che cadevano sulle loro teste, schiene e spalle da destra a sinistra. I soldati continuavano a gridare: “Schnell, schnellc” (in fretta, in fretta) ridendo allegramente, come se stessero guardando un numero da circo; trovavano anche modi di colpire più forte nei punti più vulnerabili: le costole, lo stomaco e l’inguine».

Gli ebrei vennero raccolti e fatti passare attraverso dei corridoi composti da militari tedeschi, che appunto li percuotevano con il manico dei loro fucili, per poi portarli sulla sommità di un dirupo, fucilarli e infine scaricarli nella fossa di Babij Jar. All’arrivo dell’armata Sovietica, nell’agosto del 1943, i nazisti occultarono le prove del massacro utilizzando 327 prigionieri per esumare e bruciare i corpi, riuscendo a farlo in un arco temporale di sei settimane.