L’unità 731: armi batteriologiche e crimini di guerra
Lager nazisti, persecuzioni verso gli ebrei, eccidi in tutta Europa. Se si parla della Seconda Guerra Mondiale, si pensa agli orrori perpetrati dalle truppe tedesche, ma questa è una concezione eurocentrica del conflitto, perché in Asia i giapponesi provocarono immani sofferenze e non furono da meno dei loro alleati. La punta di diamante degli orrori giapponesi in Cina fu l’Unità 731 del tenente generale Shirō Ishii, un argomento di cui si è discusso negli ultimi tempi perché il pubblico ha riscoperto solo ora questa storia, mentre fino a pochi anni fa non se ne parlava per motivi di opportunismo politico.
Ma che cos’è l’Unità 731? E soprattutto, che cosa ci facevano i giapponesi in Cina?
La politica estera giapponese
Riassumere la politica espansionistica giapponese in poche righe è impossibile, qualche lacuna ci sarebbe sempre, ma basti sapere che dopo la fine dell’isolazionismo giapponese – equivalente al Medio Evo europeo – il governo di Tokyo ebbe paura che le potenze coloniali umiliassero l’arcipelago asiatico colonizzandolo. Fu così che i giapponesi diedero il via a delle guerre per stabilire colonie in Asia. Combatterono i cinesi e i russi, annessero la Corea finché nel 1937 intervennero nella Guerra Civile Cinese. Secondo alcuni storici, l’inizio della Seconda Guerra Mondiale corrisponde a questo preciso evento.
L’Unità Togo
Fra gli ufficiali giapponesi che alimentavano lo sciovinismo esasperato c’era Shirō Ishii, rampollo di una famiglia della piccola nobiltà terriera. La sua passione erano le armi batteriologiche, al punto che quando faceva il dottorato considerava i batteri animali domestici e gli parlava come se fossero animali da compagnia. Dopo aver sposato Araki Kiyoko, la figlia di Araki Toenzaburo, il rettore dell’Università imperiale di Tokyo – anche lui batteriologo – ottenne carta bianca nel portare avanti le ricerche in questo campo.
Ad esempio nel 1928 fece un viaggio di due anni intorno al mondo non per motivi di turismo o esplorazione ma per studiare i batteri e i germi il cui uso potesse essere sfruttato per fini bellici.
Assistendo all’invasione giapponese della Cina, con partenza dalla Manciuria, Shirō Ishii costituì l’Unità Tōgō, chiamata così in onore dell’omonimo ammiraglio della Guerra Russo-Giapponese, Tōgō Heihachirō. il suo compito era sottoporre i civili cinesi e i prigionieri di guerra a esperimenti per studiare le armi perlopiù batteriologiche ma anche chimiche e convenzionali. Furono esperimenti crudeli, spesso immotivati e a posteriori considerati pseudoscientifici. Per esempio, furono collaudate le bombe a mano calcolando quanto fossero letali usando i detenuti come cavie.
Dopo la fuga di alcuni prigionieri, l’Unità Tōgō fu smantellata, ma i sogni perversi di Shirō Ishii lo spinsero a usare la sua influenza per ottenere il permesso di costituire la famigerata Unità 731, con cui si stanziò a Harbin, in Manciuria.
L’Unità 731 e il suo declino
Stavolta l’ufficiale, la cui ascesa nella gerarchia militare appariva inarrestabile, ottenne molti più collaboratori e fondi, nonché prigionieri da sottoporre ai suoi disegni. Nel corso del conflitto, oltre a cittadini cinesi e coreani, anche americani e britannici passarono sotto le sue mani, con un flusso tale che al giorno d’oggi non si è ancora compreso quante siano state le vittime.
Ma non è finita qui.
Shirō Ishii, nell’ottica di pensiero che chiunque non fosse giapponese fosse indegno di vivere, spesso organizzò degli attacchi batteriologici sulle città cinesi che si concretizzarono in operazioni militari per testare le stesse armi.
In più di un’occasione fece caricare bombe infestate dai patogeni di varie malattie su degli aerei che colpirono cittadine del nord della Cina. In questo modo i giapponesi diffusero epidemie che costarono la vita a migliaia d’innocenti.
Per tutto il corso della guerra l’Unità 731 operò in questa maniera, ma quando si avvicinò la pace con le potenze alleate, Shirō Ishii fece smantellare l’Unità 731, liquidò gli ultimi prigionieri e scappò con i suoi collaboratori in Giappone.
Altre unità con scopi analoghi, ma con meno vittime sulla coscienza, erano dislocate in vari punti della Cina occupata – perlopiù nel nord e nei pressi del mare. Tra loro vi erano l’Unità 100, l’Unità 516, l’Unità Ei 1644, tutte eliminate per fare in modo di eliminare le prove del loro operato criminale.
Ciononostante, ancora nel 2003 è capitato che in Cina, durante degli scavi, gli operai riportassero alla luce alcuni degli ordigni contaminati che hanno fatto scoppiare epidemie. Indiscrezioni audaci e malfidati insinuano perfino che vi sia un legame tra la pandemia di Covid-19 e l’Unità 731. Ma questo è argomento da X-files, o da gruppi Telegram di complottisti…
Tornando a Shirō Ishii e all’Unità 731, il batteriologo scomparve nel 1959 per un cancro alla laringe, tutti gli altri capitalizzarono le loro conoscenze mediche per fare carriera in aziende farmaceutiche giapponesi. Gli americani chiusero non un occhio, ma tutti e due, perché le conoscenze dei giapponesi in fatto di armi batteriologiche, in grado di colmare le carenze nel settore dell’esercito a stelle e strisce, furono sfruttate per la corsa agli armamenti in vista di un conflitto con l’Unione Sovietica.
L’Unione Sovietica, pur essendo stato un Paese assai opportunista nel corso della guerra, non mostrò alcuna pietà nei confronti degli operatori dell’Unità 731 fatti prigionieri, che vennero processati e condannati nel 1949 a Khabarovsk. Lo stesso fece la Cina a Shenyang nel 1956, mentre il mondo occidentale, su impulso della propaganda americana, negava i crimini di guerra giapponesi in Asia e bollava questi processi come operazioni di propaganda comunista.