Tribune politiche immaginarie

Ci lasciammo a luglio con un aggiornamento sul campo politico italiano, guardando in prospettiva alle politiche 2023. E invece, il governo Draghi è andato archiviandosi, con la sua maggioranza bulgara incapace di sfiduciarlo. Sarà stato un calcolo partitico finalizzato a rinnovare il Parlamento in anticipo rispetto alla preannunciata tempesta dell’autunno-inverno? Sarà stato, per i medesimi motivi, una fuga di Draghi da Palazzo Chigi? Sarà stato il combinato disposto di queste due ipotesi? Chissà, fatto sta che il 25 settembre si andrà alle urne. Sul piatto ci interessa porre alcuni elementi utili al lettore nell’imminente campagna elettorale, comprese delle fantasie: delle tribune politiche immaginarie. L’immaginazione è pur sempre riflessione.

Mi esento e non ti sento

Intanto, mettiamo sul piatto il primo elemento. Per effetto dell’articolo 6 bis del decreto legge 4 maggio 2022, n. 41, alcuni partiti sono esentati dalla raccolta delle firme (minimo 36.750 alla Camera e 19.500 al Senato; 750 firme per ogni collegio plurinominale). All’atto pratico ne sono esentati: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva, +Europa, Liberi e Uguali. Norma aggirata anche dalla nuova creatura di Di Maio, Impegno Civico, attraverso l’appoggio del simbolo di Centro Democratico di Tabacci.

Un aspetto per nulla secondario, considerando che la raccolta delle firme sta avvenendo in questi giorni, in pieno agosto. A essere penalizzato è tutto quell’universo di partiti minori e/o extraparlamentari: Unione Popolare; la lista unitaria Italia Sovrana e Popolare, fronte antieuropeista composto principalmente dalla triangolazione Riconquistare l’Italia, Partito Comunista e Ancora Italia; Alternativa e Italexit, il cui destino è incerto, essendosi già separate; Vita.

E allora, andiamo a squadrarli insieme, gli esentati.

Dentro l’insieme liberal-europeista

Movimento 5 Stelle: operazione macchina del tempo

Il M5S, in vista delle elezioni del 25 settembre, sta tentando l’unica strada percorribile per continuare a esistere: ricompattare la sua base attraverso la sua storia. Chiamerei questo tentativo operazione macchina del tempo. Avendo aderito e votato M5S per due volte tra il 2013 e il 2018 – seppur con motivazioni differenti – penso di essere approdato a una realistica comprensione delle sue fallacie, anche originarie. Riflettiamoci.

L’analisi politica del Movimento 5 Stelle originario

Il M5S delle origini, puntando il dito contro le problematiche della classe dirigente italiana, implicitamente o meno, promuoveva quello stesso modello sociale che ha contraddistinto la Seconda Repubblica: il modello liberale del vincolo esterno sovranazionale. Nell’analisi politica svolta e trasmessa alla sua base e all’elettorato, il problema della nostra società risiedeva nella classe dirigente corrotta e/o inefficiente. Quest’ultima, per le sue imperfezioni, generava il fallimento del modello stesso. Logicamente, ne conseguiva che, portati al vertice della classe dirigente dei cittadini efficienti, incensurati e liberi dai conflitti d’interesse, gli ingranaggi del modello, non essendo più ostruiti dalle pregresse limitazioni, avrebbero generato il successo del modello.

Movimento 5 Stelle delle origini: modus operandi

Il Movimento non criticò il liberalismo, se non in forma artificiale, ma criticò chi/cosa ostruiva il funzionamento del liberalismo. Una posizione legittima, che ha pur approvato misure di contenimento del modello liberale, ma pur sempre sistemica. Sistemica, perché non dissimile dai dogmi del bipolarismo che il M5S fu in grado di spezzare.

Il combinato disposto tra il disvelamento del bipolarismo interscambiabile centrosinistra-centrodestra portato a galla ai più dalle campagne di Grillo e le capacità, in pieno stile di marketing politico, di rispondere agilmente alla domanda generata dal contesto sociale hanno generato il successo elettorale. Sul secondo punto, la sua consistenza strutturale liquida, permetteva un adattamento alle forme di volta in volta necessarie per rispondere al contesto sociale.

Sopra il substrato analitico precedentemente menzionato, che non fui inizialmente capace di decifrare, ruotavano delle battaglie: etiche, ma di matrice liberale perché fondate sullo Stato-Famiglia (tagli ai costi della politica, ecc); redistributive (Reddito di Cittadinanza); sovranazionali, pescate a strascico dal dibattito sull’Unione Europea (Fuori dall’Euro).

Ormai conscio della sua adattabilità liquida, il voto del 2018 fu un all-in, che a posteriori chiamai allucinazione analitica in chiave sovranista. Uno schianto senza appello.

Conclusioni sull’operazione macchina del tempo

Per concludere il capitolo relativo al M5S, l’operazione macchina del tempo potrà sì attirare alcuni nostalgici non critici del modello liberal-europeista, ma cozzerà contro due tipologie di elettorato:

  • I semplici delusi senza un modello sociale di riferimento;
  • Coloro che si saranno cimentati, in tutto o in parte, nella ricostruzione del puzzle ideologico grillino. Quest’ultimi, come me, sono diventati semplicemente incompatibili, sia col modello istituzionalizzato, sia col modello originario.

Auguri cari!

Nel minestrone dell’indistinto

A ben guardare, per esplicitare visivamente l’esistenza di un’interscambiabilità tra campi politici apparentemente opposti, basta qualche biografia: qui, qui, qui, qui e qui. Credo che possa bastare.

I contenuti programmatici passano totalmente in secondo piano. A sostituirli, un intenso lavorio comunicativo-propagandistico sull’immaginazione collettiva finalizzato alla mostrificazione del presunto avversario. L’obiettivo è attivare le paure profonde dell’elettorato d’area:

  • se non voti noi vincono i comunisti! (Letta? Calenda? Bonino? Di Maio? Conte? Daje a ride);
  • se non voti noi vincono i sovranisti! (Meloni? Salvini? Daje a ride, atto secondo).

Abbiamo fatto riferimento all’immaginazione. E allora scateniamola con le tribune politiche immaginarie.

Tribuna politica immaginaria

La tribuna politica Twitter

Recentemente, ho ascoltato su Twitter due tribune politiche che hanno visto protagonisti alcuni esponenti dei partiti extraparlamentari. Sui temi sviscerati si sono potute ascoltare analisi di qualità e altre approssimative.

La tribuna politica immaginaria

Da qui l’immaginazione: se avessi avuto l’opportunità di condurre una tribuna politica tra i principali attori/personaggi (no, personalità è un’altra cosa) della politica italiana più decantata, quali temi avrei posto all’attenzione per dare agli elettori una rappresentazione plastica dello scenario politico italiano?

Immaginiamoci un Letta vs Calenda vs Conte vs Meloni.

Ecco, mi sono risposto che, in un’opportunità così stramba, li avrei portati sui temi gerarchicamente sovraordinati, per poi scavarci dentro.

Domande sui temi generachicamente sovraordinati

  • Ruolo dell’Italia nella NATO, riferendosi al lessico comunemente utilizzato (vedi alla voce Alleanza Atlantica): osservando la realtà fattuale, non sarebbe più corretto definirci come inglobati nella sfera d’influenza americana, rimuovendo un solo presunto ruolo paritario?

  • Sull’Unione Europea: realisticamente, facendo riferimento alla regola dell’unanimità per riformare i Trattati Europei, ritenete plausibile che il soggetto che si è conquistato l’egemonia voti favorevolmente a una riforma riequilibrante? E se sì, entro quale lasso temporale prendereste atto dell’impossibilità del progetto?

  • Compressione dei diritti sociali nell’ultimo trentennio: cause e soluzioni. C’è un legame con la competizione mercantilista del modello UE? E, in subordine, non trovate che esso sia in antitesi col perseguimento delle istanze socialdemocratiche della Costituzione?

  • Gerarchia tra economia, finanza e politica: in relazione alle parole di Oettinger del 2018, possiamo affermare che la libera circolazione dei capitali e l’indipendenza della banca centrale (perni dell’UE) influenzino il processo elettorale e l’attuazione del mandato conferito dagli elettori? In poche parole, ciò influenza il funzionamento della sovranità popolare?

Tra liberali ci si intende

Conosciamo i personaggi. Tutti di ideologia liberale. Tutti indisponibili a spingersi fino ad analizzare al popolo le implicazioni e il funzionamento della NATO, pure dall’opposizione, figurarsi dal governo. Tutti questisti, come direbbe il Pedante, sull’Unione Europea, ovvero europeisti ma non per questa Europa, che secondo loro andrebbe riformata. Riformata, chissà in che modo, chissà come (aerosol, retorica europeista, regole alla mano), chissà quando. Intanto, siccome ce lo chiede l’Europa, squagliamo un altro po’ i vostri diritti sociali.

Una tribuna politica di questo genere, però, servirebbe: mostrerebbe l’omologazione politica tra parti che si dicono opposte.

Tribuna politica auspicata

Una tribuna politica che volesse, invece, costruire, vedrebbe confrontarsi su queste domande non i soggetti precedentemente esposti, ma un esponente a caso di quell’insieme liberale, contrapposto a un esponente dell’insieme statalista (Lista unitaria Italia Sovrana e Popolare, considerando che non ravviso altre opzioni che non si schiantino sul vulnus UE), intento a mostrare l’alternativa possibile. Questo sì, in una tribuna politica vecchio stampo, rigida, secca, esprimerebbe una divergenza incolmabile tra due modelli di società:

  • Primato dell’economia vs primato della politica;
  • Assoggettamento vs sovranità popolare;
  • Libera circolazione dei capitali vs controllo dei movimenti di capitale;
  • Disoccupazione strutturale vs perseguimento della piena occupazione;
  • Privatizzazioni vs nazionalizzazioni strategiche;
  • Capitale vs lavoro;
  • Rendita finanziaria vs redistribuzione.

E allora, dopo aver messo sul piatto degli elementi necessari al dibattito (tribune politiche immaginarie comprese), non mi resta che augurarvi una buona campagna elettorale a tutti…