Sarcasmo Domination: Scrivo perché…

Il direttore Marco Ferreri è stato, a sua insaputa inviato al Salone del Libro del regno di Sarcasmo

Anche nel Regno di Sarcasmo c’è stato un salone del Libro (qui il vero articolo con le vere interviste). Più o meno. C’era solo un grande stand, della Sarcasmo Editore, con autobiografie e biografie autorizzate del leader supremo. E poi un’intera sezione della fiera, circa 200 metri quadrati dedicati all’intera opera omnia della scrittrice pluripremiata Cecilia Alfier.

Illustrissima, reverendissima, intelligentissima, almeno così dicono perché io in verità non la conosco se non di fama. Ma verrà presto nominata cantastorie ufficiale del regno e sarà presto obbligatorio tenere in casa almeno una copia dei suoi scritti.

Poiché i libri pubblicati dalla divina Alfier sono solo tre, è stato difficile riempire 200 metri quadrati al Salone. La stamperia del leader ha ricominciato a stampare gli estinti elenchi telefonici, facendoli passare per libri della divina Alfier, con giusto due-tre personaggi più del solito.
Gli altri scrittori del regno sono emarginati e sottoposti a censura, ma per dar loro un contentino abbiamo mandato il suddito Marco (scrittore visionario egli stesso) a intervistarne un po’.

Gli intervistati sono stati sottoposti a macchina della verità, per capire le vere ragioni per le quali scrivono.
X: «Scrivo nel tentativo di arrivare alla fine del mese, visto che non trovo un vero lavoro»
Y: «Scrivo per i soldi»
Z “«Scrivo perché sono un narcisista patologico»
J: «Scrivo perché sono convinta di essere brava, in realtà torturo i lettori con banalità e frasi fatte»
H: «Scrivo perché è di moda farlo, ma in realtà non mi piace leggere»
L: «Scrivo autobiografie e basta perché penso di avere una vita interessante. In realtà non frega nulla a nessuno di quante volte mi lavo i denti al giorno»


L’ultima intervista era a uno scrittore-artista vagamente famoso e così ha risposto: «Ah io non scrivo, ci pensa il ghostwriter, non ho mai letto un mio libro. Se non fossi pseudo-conosciuto, non mi pubblicherebbe nemmeno mia madre».

Il titolo del Salone del Libro era: Censura Selvaggia.