Sovranismo psichico e fango

Non più tardi di due giorni fa, uno studio dell’istituto di ricerca socio-economica CENSIS veniva rilanciato nelle agenzie, alcuni giornali online e TG enfatizzando un passaggio dello studio, che parla di un mutamento della società italiana dovuta al «Sovranismo psichico». Per analogia, l’interpretazione trasmessa alla collettività dovrebbe ricollegare tale istanza politica a una nuova e pericolosissima patologia di massa, da debellare velocemente. Da buon sovranista voglio mettere tutto sotto l’ottica giusta, perché mischiare il cioccolato col fango mi infastidisce non poco. Siamo tutti in grado di distinguere studiando e non credo all’ignoranza sul tema, ma credo alla strumentalizzazione.

«L’Europa sottrae sovranità agli Stati senza legittimazione». Da questa dichiarazione del prof. Giulio Sapelli, può partire l’analisi sovranista. Il sovranismo persegue il recupero totale delle porzioni di sovranità nel tempo concesse, al fine di promuovere una completa attuazione dei principi Costituzionali della Repubblica. Nel dibattito attuale si confonde il sovranismo col nazionalismo, ma queste due dottrine non hanno un contatto, in quanto il sovranismo è inscindibile da quella stessa Costituzione nata per superare e mai più far vedere la luce al nazifascismo. Per farlo, i Padri Costituenti diedero una connotazione sociale all’impianto Costituzionale, ponendo lo Stato come soggetto interventista nel processo economico, in modo da correggere le storture causate dal libero mercato. I padri Costituenti erano appena usciti dalle conseguenze politiche e sociali prodotte dalla gestione della crisi del 1929, dove una risposta a base di austerità del governo Bruning in Germania, portò al potere il Nazismo.

L’Assemblea Costituente, sia nei principi fondamentali che nei rapporti economici abbracciò le teorie keynesiane, come indicato dall’economista Federico Caffè, consulente economico di spicco della Commissione dei 75. Nei testi della Costituente possiamo trovare la netta contrapposizione tra i Keynesiani Lelio Basso, Costantino Mortati, e il liberista Luigi Einaudi. Oggi, quella medesima contrapposizione è riproposta sotto forma di «convivenza impossibile tra Costituzione e Trattati Europei», come scritto dal Costituzionalista e ora Sottosegretario agli Affari Europei, Luciano Barra Caracciolo.

Questa contrapposizione si presenta mediante le dottrine economiche sostenute dalla Costituzione e dai Trattati Europei: da una parte una democrazia sociale basata sull’uguaglianza sostanziale (articolo 3 Cost), costruita tramite l’attuazione di politiche di pieno impiego (articolo 4, che esplicita l’impegno dello Stato a perseguire il diritto al lavoro) formate dall’intervento dello Stato nell’economia per correggere le storture del libero mercato; dall’altra un’economia sociale di mercato fortemente competitiva (Articolo 3 Trattato sul Funzionamento dell’UE), il famoso neoliberismo, basata su parametri come il NAWRU, che fissa il tetto minimo di disoccupazione da perseguire per non far alzare i salari, rinnegando l’impegno della Costituzione sul salario che garantisca una vita libera e dignitosa (art. 36 Cost).

Le limitazioni di sovranità e, quindi, la limitazione d’attuazione Costituzionale è confermata anche da una controparte eurofederalista: Enrico Letta. Nel suo libro «Euro sì. Morire per Maastricht», ammette sull’approvazione del Trattato di Maastricht che: «Gli eventi di questa portata continuano ad essere regolati da un articolo della Costituzione (art. 11 ndr.) che, oltre a non fare alcun riferimento alla costruzione sovranazionale europea, era redatto per altre forme di appartenenza ad organismi internazionali, con scopi molto diversi da quelli della Cee e dell’UE». Inoltre, l’articolo 11 non parla di cessioni, ma di limitazioni a parità di condizioni con gli altri Stati, quindi di un processo momentaneo e con vincoli specifici, non definitivo come risulterebbe essere, da vocabolario italiano, una cessione. In più, l’articolo 139 ci ricorda che la forma Repubblicana non possa essere oggetto di revisione costituzionale. Risulta quindi quantomeno di dubbia legittimità il progetto di un super Stato federale europeo.

A livello europeo, la Corte Costituzionale tedesca, in occasione di una sentenza sul Trattato di Lisbona ha ricordato l’impossibilità di una limitazione della sovranità verso un super Stato Europeo, in linea con i Trattati stessi. L’articolo 125 del TFUE specifica che l’UE non si faccia carico dei debiti degli Stati membri e tutti gli Stati membri non siano chiamati a rispondere delle obbligazioni degli altri Stati dell’UE. 

Senza il recupero delle porzioni di sovranità limitate nel tempo, la politica si trova al continuo bivio di scelta tra l’attuazione del programma elettorale o il rispetto delle regole europee. Tra una democrazia sostanziale, dove l’elezioni forniscono mandato e strumenti e una democrazia cosmetica, dove il processo elettorale è un semplice esercizio meccanico, scheletrico, senza l’esistenza degli strumenti per arrivare agli scopi prefissati.

Ancora dubbi sulle istanze sovraniste? Continuate pure a mischiare il cioccolato col fango (abilmente prodotto dall’apposita macchina).