Utero in affitto, la libertà di essere schiave 

La proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia (FdI) che mira a rendere l’utero in affitto reato universale è passata alla Commissione Giustizia della Camera. Un primo sì che riaccende il dibattito su un tema controverso che da sempre divide la sinistra.

L’opposizione alla mercificazione capitalista delle donne e dei bambini, che la destra ha reso suo cavallo di battaglia, è infatti una battaglia storica della frangia marxista del Parlamento.  

L’intento del provvedimento è quello estendere la punibilità della pratica anche ai cittadini italiani che si recano all’estero per commettere il reato. L’utero in affitto, infatti, è già perseguito se effettuato in Italia. La legge 40 del 2006 punisce i colpevoli con la reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600.000 a un milione di euro.

In questo modo, si vorrebbe contrastare il fenomeno del turismo riproduttivo che, di fatto, permette alle coppie, etero o omo, e ai single con elevata disponibilità economica di bypassare la legge attualmente in vigore. 

Favorevoli e contrari alla proposta di legge  

In commissione, erano state presentate due proposte di legge simili, una della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e l’altra a prima firma di Mara Carfagna, deputata di Forza Italia. Quello di Meloni è stato adottato come testo base.

Oltre al centrodestra unito, hanno accolto con favore l’ok della Commissione Giustizia alla proposta di legge i cattolici e le femministe radicali, mentre vi si oppongono molti esponenti del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle – che hanno espresso voto contrario, –  le femministe liberali e le associazioni LGBT.  

Le argomentazioni dei detrattori riguardano la sua presunta incompatibilità con il diritto internazionale e i limiti dell’applicabilità della legge italiana all’estero. Ma anche il destino incerto dei bambini coinvolti e la questione spinosa della libertà di scelta. Sia quella dei genitori intenzionali che quella delle donne che sceglierebbe di mettere a disposizione il proprio apparato riproduttivo per realizzare un desiderio altrui. L’Associazione Luca Coscioni ha bollato la proposta di legge come «giuridicamente inapplicabile e irragionevole». 

Nei prossimi giorni, si aprirà la discussione in Parlamento e ci sarà la possibilità di presentare emendamenti al testo base.

Utero in affitto, come funziona e dove è legale 

Sono soprattutto le coppie etero con problemi di sterilità a ricorrere a questa pratica, ma in percentuali minori ne fanno uso anche le coppie omosessuali e i single che non possono o non vogliono adottare. Si tratta di una forma di procreazione assistita della quale esistono diversi tipi e modalità: commerciale o altruistica, tradizionale o gestazionale.

La procedura è apparentemente semplice. Viene stipulato un contratto tra i genitori intenzionali e la madre surrogata, attraverso il quale la donna fecondata perde ogni diritto sul bambino che nascerà e che verrà registrato a nome dei committenti. La maternità surrogata commerciale è legale in Ucraina, Russia, Georgia e Stati Uniti, mentre è consentita su base gratuita, per evitare forme di sfruttamento, in Grecia, Albania e Canada. Anche in questo caso è previsto comunque un rimborso per la madre surrogata e il pagamento delle spese mediche. 

Il difficile bilanciamento tra la libertà individuale e i diritti umani 

Lo sfruttamento della naturale capacità riproduttiva delle donne alimenta un business miliardario. Ma sono le agenzie che fanno da tramite a trarne i maggiori profitti. In media, i pacchetti previsti variano tra i 10mila e i 100 mila euro. Il prezzo «Vip» consente di selezionare anche il sesso e/o l’etnia del nascituro e di effettuare tentativi illimitati. Dal punto di vista di chi ha un reddito alto e non può avere figli per svariati motivi, l’utero in affitto è un costoso miracolo. Il desiderio di diventare genitori, spesso, è più forte di qualsiasi considerazione etica.

Tuttavia, per comprendere le specificità di questo fenomeno, bisogna analizzare il contesto sociale in cui questa pratica è consentita. Fatta eccezione per gli Stati Uniti, i Paesi in cui è legale la maternità surrogata commerciale sono caratterizzati da una forte disuguaglianza economica e di genere

In Ucraina, ad esempio, l’utero in affitto e la prostituzione sono diventati un mezzo di sopravvivenza. In un Paese dove il 60% della popolazione viveva al di sotto della soglia della povertà, le donne più vulnerabili «scelgono» di vendere il proprio corpo. Una scelta determinata dalla condizione economica in cui versano e dalla mancanza di opportunità. Una volta firmato il contratto, la gestante perde completamente il controllo della propria vita. I genitori intenzionali decidono per lei cosa deve mangiare, quali abitudini seguire, cosa fare in caso di complicanze mediche. 

Neppure in situazione di emergenza, come una guerra in corso, la gestante ha voce in capitolo sulle decisioni che riguardano lei e il bebè che porta in grembo

La battaglia globale contro l’utero in affitto

Prima che la destra italiana se ne facesse portavoce, la battaglia contro l’utero in affitto era un tema della sinistra comunista e un terreno di dibattito internazionale. Due anni fa, il Segretario del Partito Comunista Marco Rizzo scriveva che la maternità surrogata «è una barbarie propria della società del capitalismo globalizzato». 

Inoltre, nel 2015 varie associazioni femministe ed esponenti progressisti della società civile aderirono all’appello di Se non ora quando per la messa al bando europea dell’utero in affitto. Tra le firmatarie, anche la scrittrice Dacia Maraini. Una presa di posizione condivisa con il movimento internazionale Stop Surrogacy Now. Non corrisponde al vero, dunque, che questa battaglia sia indice di bigottismo o eccessivo attaccamento alla tradizione.