La Giornata della Memoria: ipocrisia e discriminazione

Pochi giorni fa è stata la Giornata della Memoria, istituita per ricordare tutte le vittime del nazifascismo; una data che ogni anno dovrebbe suscitare domande e riflessioni su quanto la nostra società stia facendo per rimuovere qualsiasi barriera, è invece diventata occasione per perpetuare ipocrisia e discriminazione. Molti esponenti politici, giornalisti, intellettuali hanno speso parole importanti per rendere memoria a ciò che è successo, una situazione surreale considerando il momento storico che stiamo vivendo. La discriminazione, basata sullo stato vaccinale dell’individuo, non è molto differente da quella commessa da parte dei nazisti nei confronti degli ebrei, almeno dal punto di vista delle motivazioni e della propaganda, volta a tutti costi a creare un nemico da dipingere come l’origine di tutti i mali della società. Una pratica che nella storia fu molto diffusa, soprattutto per insabbiare l’incapacità di risolvere i veri problemi del paese.

Oggi, la classe dirigente, che non ha intrapreso nessun vero piano di tutela della salute pubblica, evita ogni dibattito e proposta diversa dal «rendere complicata la vita» ai cosiddetti no-vax. I talk show sono diventati megafono del governo che danno la parola a chi dissente dalla gestione autoritaria della pandemia soltanto per ridicolizzarne le posizioni ed esporlo alla gogna pubblica. Si giustificano le misure in atto con la tutela della salute collettiva, un vero capolavoro, con la quale si esclude una parte della società come pretesto per togliere diritti alla totalità. Cosa ancora peggiore si continua a fare scelte sulla base della pseudo «scienza», eleggendo una parte di medici e scienziati unica bocca di verità. Il presunto agire scientifico si piega così agli interessi del grande capitale, portando a dubitare sull’autentica libertà e indipendenza della scienza stessa.

D’altronde la storia dell’uomo è lastricata di usi strumentali della scienza, basti pensare al colonialismo ai danni dei paesi africani e asiatici, perpetrato anche grazie a dichiarati uomini di scienza che convinsero le popolazioni ignare dell’inferiorità di altri ceppi umani, giustificando così le peggiori nefandezze che l’uomo possa ricordare.

Tutte queste atrocità ahimè sembrano essere state completamente dimenticate dalla maggioranza della popolazione che complice un’istigazione e una proposizione a ipocrisia e discriminazione da parte di molte frange della nostra società ha metabolizzato il germe dell’indifferenza. Un’indifferenza che porta alla completa incapacità di percepire il disagio altrui che raggiunge il colmo quando si presenta sotto le vesti del suprematismo morale. Infatti, è sovente, di questi tempi l’atteggiamento di pietà nei confronti verso chi non ha intenzione di vaccinarsi. Se da una parte si è vittima di insulti e ingiurie molto gravi, dall’altra, sempre con l’obiettivo di sminuire il pensiero di chi ha un’opinione differente, ci si arroga il diritto, anche con toni fintamente comprensivi e gentili di decidere cosa l’altro possa pensare, ritenendo il proprio interlocutore incapace di intendere e di volere, proprio per il fatto di non pensarla come noi.

Mentre nella nostra società questo spettacolo di violenza va in onda, l’ipocrisia la fa da padrona culminando nel Giorno della Memoria dove in una delle tante locandine degli spettacoli che si tengono per ricordare la barbarie nazista, si ricorda che la partecipazione è riservata ai soli possessori del super green pass. Però giammai costoro accetteranno di essere associati ai nazisti o ai fascisti, non rendendosi conto che la giustificazione di un atto discriminatorio ci rende già fuori dalla categoria dei tolleranti.

L’accettazione di tale ipocrisia e discriminazione non ci pone diversi da coloro che 70 anni fa, dai nazisti degli anni 30’, sarebbe utile che la lezione delle sofferenze che una parte dell’umanità ha subito a causa della sua appartenenza a una categoria sia davvero d’esempio e non solo il Giorno della Memoria, perché affinché tale violenza non si ripeta nuovamente è doveroso tenere vivo l’insegnamento di come il male sia sempre riproducibile, in maniera diversa, sicuramente, ma sempre riproducibile.

Leggi anche la risposta, televisivamente definibile contraddittorio, di Tito Borsa